Nessun reato per il sit-in

A chiamare in tribunale l'esponente dei Verdi era stato l'imprenditore Giancarlo Giacobazzi. La storia ha un anno e mezzo: nel giugno 2001 Grazia Beggio aveva dato vita ad un sit in a Marina di Ravenna insieme ad altri attivisti del movimento "La duna vive". Obiettivo della manifestazione era protestare per la realizzazione di lavori sull'arenile di Marina, una zona sottoposta da vincolo idrogeologico e 'concesso' alla società Villa Marina, appunto di Giacobazzi. Oltre due settimane dopo la manifestazione, mentre il cantiere era stato bloccato dal Comune, l'imprenditore querelò Grazia Beggio per aver «occupato il cantiere,sedendosi per terra, impedendo fisicamente i lavori». Il reato ipotizzato era violenza privata e Giacobazzi si riservava di chiedere un risarcimento per di danni, morali e materiali, subiti. Quasi un anno dopo il pm, Cristina D'Aniello, chiese l'archiviazione: non c'erano state minacce o violenze e in reato, quindi, non era stato commesso. Giacobazzi si oppose, richiamando sentenze della Cassazione in realtà riferite ai 'picchettaggi'; il sit-in, diceva in sintesi il ricorso, era un comportamento intimidatorio, quindi si trattava sempre di violenza privata. Grazia Beggio, avvalendosi della competenza dell'avvocato Luca Donelli, raccolse una dettagliata documentazione, che consegnò il 24 ottobre al tribunale. Il giudice rinviò l'udienza (Giancarlo Giacobazzi non si era presentato) al 7 novembre, chiedendo alle parti di tentare la riconciliazione. Che non c'è stata. Ma la sentenza ha dato ragione a "La duna vive". «Adesso — conclude Grazia Beggio — chiederò che Giacobazzi paghi le spese legali che ho sostenuto. Più un risarcimento danni simbolico di un euro»