Inghiottiti dal mare

La più inquietante è quella di una collisione, avvenuta nella notte, con un imbarcazione molto più grande e molto più veloce.Ma ad affondare il peschereccio di Porto Garibaldi chiamato Goldrake - nella notte tra martedì e mercoledì a trenta km in linea d’area dalla foce del Reno, a Nord di Casalborsetti - potrebbe essere stato solo un banale errore di manovra durante la pesca a strascico. Si parla dell’improvviso blocco dell’argano per il recupero delle reti, il che avrebbe provocato una brusca virata e l’affondamento dell’imbarcazione, oppure una virata fatta proprio da chi era al timone che ha provocato lo stesso effetto, cioè il ribaltamento.La procura di Ravenna ha aperto un’inchiesta. Come ha sottolineato in serata il Comandante della Capitaneria di Porto di Ravenna, Ignazio Frisoni: “Al momento non abbiamo elementi e dati sufficienti per escludere o avallare delle ipotesi. Il relitto è ancora in mare e non è stato possibile visionarlo”.L’avvistamento del relitto è avvenuto ieri alle 5 di mattina non lontano dalle piattaforme dell’Eni.E’ lì che si cercano i corpi ancora dispersi di Alfonso Simoni, 47 anni, del figlio diciottenne Alessandro e del fratello Franco, di 50 anni. Sono tutti originari di Comacchio. Le operazioni di recupero dei sub sono andate avanti fino al tardo pomeriggio, poi sono state interrotte da un vento a forza due e da onde di 4 metri. Nella tarda mattinata era invece avvenuto il “riconoscimento”: con le poche immagini della imbarcazione rovesciata - registrate dai sommozzatori dei vigili del fuoco - mostrate ad alcuni colleghi dei dispersi. La risposta non si è fatta attendere: “Sì, quella barca è il Goldrake”.Ora però si cercano i corpi dei dispersi, potrebbero anche essere rimasti intrappolati nello scafo. “In genere - raccontano dei pescatori di Porto Garibaldi - due dormono dentro, mentre un terzo manda avanti la barca”.I più ottimisti sperano che si possano essere messi in salvo sulla barca d’emergenza, e magari spinti verso Levante dal vento di garbino che si è levato ieri. Ma la speranza è debole.In mattinata al largo di Casal Borsetti sono arrivati i vigili del fuoco del nucleo sommozzatori di Bologna a dar man forte ai colleghi ravennati.Un elicottero dei pompieri ha sorvolato la zona, così come un Atr 42 della Capitaneria di Porto, la Guardia Costiera, oltre a 5 motovedette, ha deciso di inviare anche i suoi sommozzatori, così è partito da San Benedetto del Tronto il nucleo specializzato, a bordo di un mezzo sottomarino, per cercare di individuare il boccaporto del motopesca.Da Ravenna è arrivato invece un pontone per tentare di agganciare il motopesca (che si trova a circa 25-30 metri di profondità) e riportarlo in superficie. Alle ricerche in mare hanno collaborato anche due motovedette dalla polizia e due barche dell’Agip.La situazione dell’acqua non ha certo favorito il recupero: uno strato di mucillagine piuttosto esteso ha reso lo specchio d’acqua torbido. Anche le immagini delle riprese subacque erano quasi inutilizzabili.L’ultimo avvistamento era avvenuto alle 2,30 circa di mercoledì mattina, quando il Goldrake è stato avvicinato da un’altra imbarcazione. Erano almeno otto i pescherecci in zona quella notte. Il Goldrake era partito in serata da Porto Garibaldi, ed era atteso nel primo pomeriggio per il mercato del paese. In teoria non poteva superare le sei miglia.Verso le 17 sono stati i familiari a dare l’allarme. Tutti e tre i cellulari dei marinai non rispondevano, sono cominciate così ore di angoscia, poi, verso le 20,30 di sera il presagio della sciagura: una chiazza d’olio viene avvistata da una da una barca adibita al trasporto di turisti.“L’unica cosa certa è che l’affondamento è stato immediato - ha detto ieri il vicecomandante della Capitaneria di Porto di Ravenna Luciano Pozzolano -. Nessuno ha avuto il tempo di lanciare un Sos e forse nemmeno di capire quello che stava succedendo”.Una specie di “esplosione”, ma se fosse stata tale il tipo di relitti ritrovati sarebbe stato differente, forse con segni di bruciatura. E’ per questo che si pensa inevitabilmente alla collisione. Anche se quella spicchio di Adriatico in genere non compare nelle rotte delle petroliere più grandi.Alla mente ritorna l’affondamento del Ringo II, un a imbarcazione riminese, avvenuto diversi anni fa. Allora, nella notte tra il 2 e il 3 marzo del 2002, al confine con le acque territoriali croate, il Ringo II venne travolto da una petroliera da 250mila tonnellate di stazza. Morirono 4 marinai: due tunisini e due siciliani partiti qualche ora prima dal porto di Rimini.
Articolo pubblicato nel "Corriere Romanga"