Turismo:risponde Fabio Taiti

«Non quello riminese, che produce un grande fatturato ma che ha anche molti costi, che non sempre hanno ricadute e benefici locali. Mi spiego. Il turismo dei grandi numeri presuppone investimenti in attrezzature, che per una grande parte gli imprenditori locali comprano fuori dalla provincia e spesso anche fuori dalla regione. Se a questo aggiungiamo che nel territorio ci sono altri costi, quali i depuratori, capiamo che i grandi numeri richiedono grandi investimenti che non sempre vanno a beneficio del territorio».
Insomma, non serve un turismo dei grandi numeri?
«Credo che alla provincia di Ravenna serva un turismo più diluito sul territorio e anche stagionale. Forse oggi, mettendo in conto oltre che la spiaggia anche le risorse ambientali e quelle dell'entroterra, l'idea di turismo può essere più evolutiva».
E questo permetterebbe di avere più ricadute sull'economia locale?
«Le faccio un esempio. La Lombardia, che non è una regione a vocazione principale turistica, è quella che beneficia di più del movimento turistico. Perché ci sono molte imprese che producono attrezzature per il settore, come i grandi gruppi frigoriferi o le cucine da albergo e ristorante. Un turismo che non guarda ai grandi numeri, invece, è più governabile dalla filiera di imprese locale».
Parlando al workshop sul turismo lei ha chiesto provocatoriamente se la provincia ha voglia di futuro. Cosa voleva dire?
«A mio parere ci sono molti progetti per lo sviluppo economico, ma sono tutti sullo stesso piano. Ad esempio, la soluzione del problema delle mucillagini ha la stessa importanza dell'ingresso delle navi nel porto. E' meglio concentrarsi su pochi obiettivi, cioè scegliere su cosa puntare per lo sviluppo».
Come quelli del turismo come benessere totale?
«Quello che si chiama "wellness" è una delle grandi potenzialità del territorio. Quello della provincia di Ravenna è uno dei distretti turistici integrati più sviluppati d'Italia. Allora va promosso con più forza: adesso è ancora troppo legato all'attività dei lidi. Che debbono continuare, si capisce, ad essere un punto di attrazione, ma all'interno di una strategia di collegamento fra costa ed entroterra».
In pratica?
«Si deve evitare di inseguire in tardive imitazioni il tendenziale declino del modello adriatico. Va ridisegnata in maniera intelligente e selettiva la segmentazione degli usi turistici della fascia costiera, va sviluppato il ruolo di Ravenna come meta irrinunciabile dei nuovi grandi tour e incrementato il potenziale ancora quasi del tutto inespresso di Faenza e del suo territorio. Infine si deve far crescere ulteriormente il ruolo del territorio interno e collinare come sub distretto appunto con vocazione wellness».
Anche l'arte e la cultura sono, da tempo, elementi che fanno parte dell'offerta turistica.
«Certamente. E Ravenna, da questo punto di vista, ha un magnetismo di cui, forse, voi non avete ancora piena consapevolezza. Ravenna è ben altro che una città d'arte».
Cioè?
«E' una capitale del mondo e possiede un magnetismo che può esser sfruttato. Penso alla possibilità di attrarre sul territorio giovani che lavorano nel campo della creazione di idee, linguaggi e arti, da far interagire con creativi locali. Così come almeno due grandi eventi di comunicazione di tipo non effimero potrebbero essere organizzati ogni anno».
E nei confronti dell'Europa?
«Anche in questo caso la città potrebbe svolgere un ruolo prestigioso, come Porta del nuovo oriente europeo. Magari ritrovando un ruolo che sia adeguato a una grande capitale della storia: si possono attivare forme di scambi e gemellaggi adeguati con città come Istanbul, Sofia, Bucarest, così come ospitare e "formare all'Europa" quadri e classi dirigenti emergenti. Il tutto, ovviamente, valorizzando i due corsi di laurea».
Infine, il tema dell'ambiente come risorsa turistica.
«In questo caso ritengo che si debba puntare sulla promozione di un polo delle tecnologie ambientali. Guardi, il primo territorio che saprà individuare le soluzioni ai gravi problemi ambientali del territorio, come occasione di sviluppo di nuove imprese e nuovi lavori potrà contare su una grande leva di sviluppo. Anche perché potrà proporre, bisognerebbe dire "vendere", le soluzioni a quelle zone che presentano problemi ambientali simili in Europa e nel bacino del Mediterraneo».
Arrivare a tutto questo non è facile.
«Penso che ci sia solo bisogno di una più netta definizione della strategia necessaria e di come metterla in pratica per fare di Ravenna il baricentro del territorio, per indirizzare le imprese a lavorare alla risoluzione dei problemi ambientali, a specializzare il territorio sul wellness e sui nuovi turismi, per creare un logo Ravenna che comunichi in modo alto l'offerta di una nuova industria culturale».
Da un articolo pubblicato in "Il Resto del Carlino"