Ricorso al Tar per la Pialassa

Secondo Alvaro Ancisi, capogruppo di Lista per Ravenna, con tale
Valutazione di impatto ambientale si darebbe il via "al progetto
tramite cui l’Autorità portuale di
Ravenna, col pretesto del "risanamento" dei Piomboni, in realtà intende
interrarne un terzo circa e separare con un argine la zona ambientale
dalla zona portuale, deprivandola dello scambio naturale con le acque
del mare, che rappresenta la singolarità di questo ecosistema, e
condannandola così all’asfissia. La denuncia di molte violazioni di
legge al riguardo è dettagliata e circostanziata.
Parallelamente, da parte dei proprietari dei capanni abbattuti con la
forza, intende rivolgersi alla magistratura contestando come si sia
agito senza alcun titolo atto a disporre la demolizione dei manufatti,
non potendo valere allo scopo alcuna sentenza di tribunale
amministrativo. Entrambe le partite sono aperte, e non è detto che la
pialassa Piomboni non possa resistere con successo al progetto della
sua distruzione e i capanni essere ricostruiti, sulla base delle mappe
catastali storiche esistenti, a spese di chi li ha demoliti.
Intanto, però, dalla magistratura ravennate è arrivato un primo
importante segnale di reazione. La Procura della Repubblica, in seguito
alle indagini del Pubblico Ministero Isabella Cavallai, ha posto sotto
sequestro la cassa di colmata di via Trieste, che accoglie i fanghi
provenienti dai lavori di dragaggio del canale Candiano, da cui
l’antivigilia del Natale 2008 fuoriuscirono almeno 10 mila metri cubi
di acque e fanghi infetti che hanno invaso, oltre ai terreni
circostanti, la pialassa Piomboni, disastrandola senza rimedio. Altri
fatti del genere erano avvenuti più volte, in particolare nel novembre
2003 e nel gennaio 2008. Ma è la gestione quotidiana della cassa a
produrre costantemente esondazioni, perdite e infiltrazioni che
finiscono, come in una gigantesca cloaca, nella pialassa. In una
regimazione corretta, i fanghi dovrebbero essere lasciati a sedimentare
sul fondo della cassa di colmata, dalla quale dovrebbero defluire,
attraverso canalette e con un flusso regolato, solamente le acque
chiarificate, che a loro volta dovrebbero confluire nella valle
attraverso la canaletta circondariale, profonda circa due metri. In
realtà, questa canaletta è costantemente piena di fango e quindi
straripa incontrollatamente. Se poi la cassa viene colmata oltre misura
di fanghi, ne conseguono tracimazioni di materiali niente affatto
innocui, in pratica fondali contaminati del Candiano tal quali. Che il
fatto più disastroso sia avvenuto casualmente, in periodo natalizio,
aveva sollevato serie perplessità, dal momento che il progressivo
interramento abusivo della pialassa è funzionale al progetto che
l’Autorità portuale, con la complicità del Comune e della Regione, ha
in atto di realizzare, di cui abbiamo detto sopra. Affermammo, allora,
testualmente: "Sarà una coincidenza, oppure no, ma questo ‘incidente’
di grande portata non sfugge all’ipotesi di una programmazione
anticipata dell’interramento di parte del Piombone, ‘ché tanto dovrà
essere banchinato’ (così dissero alcuni amministratori)".
Presso la
magistratura erano depositate tre denunce del Comitato Difesa Pialassa
del Piombone contro ignoti, rispettivamente del 13 febbraio 2005 e del
23 gennaio e 28 ottobre 2008, per reati di vario genere: danneggiamento
degli usi civici cui la pialassa è soggetta, getto di sostanze
pericolose, immissione nel fondo altrui, danneggiamento dell’ecosistema
tutelato dal Sito di Importanza Comunitaria, omissione di atti
d’ufficio da parte dei delegati a tutelare il rispetto degli usi
civici, infrazione al codice della navigazione per impedimento al
transito di imbarcazioni nel canale Piombone.
Scrivemmo dunque: "L’
‘incidente’ del 23 dicembre rende opportuno che la Giustizia porti a
definizione le sue indagini. A nostro parere, si impone che la cassa di
colmata sia posta sotto sequestro. Verso tale direzione chiediamo alle
autorità amministrative locali di collaborare. Una circostanziata
perizia di un esperto idraulico indipendente dalle parti direttamente o
indirettamente coinvolte nella costruzione, gestione e controllo della
cassa di colmata potrà far luce sulle responsabilità, quanto meno
colpose, e contribuire a mettervi un freno. La sistematica distruzione
di ambienti naturali secolari, di inestimabile valore patrimoniale e
culturale, non può essere scambiata per progresso di una comunità
civile". Il primo passo, sequestro della cassa di colmata, si è ora
compiuto. Confidiamo che la Giustizia faccia appieno il suo corso"
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