Pericolo petrolio da non sottovalutare

Si fermano per saziare l'appetito formidabile della centrale elettrica di Porto Tolle, in provincia di Rovigo. A Ravenna c'è infatti la stazione di terra dell'oleodotto che già oggi fornisce olio combustibile al grande impianto del Polesine. Domani lo stesso oleodotto potrebbe trasportare un'emulsione bituminosa diretta alle caldaie di Porto Tolle. In contemporanea, la "stazione" terrestre di Ravenna dovrebbe dotarsi di un nuovo serbatoio di stoccaggio da 50mila tonnellate.
L'emulsione, in caso di rotture o perdite agli scafi o agli impianti, potrebbe provocare un'autentica catastrofe ecologica nel mare tra Marina e Lido Adriano. L'emulsione arriva dal Venezuela ed è costituita fondamentalmente di bitume, con una quota di zolfo del 2.8%, acqua e tensioattivi. Una miscela meno tossica di altri derivati del petrolio ma altamente solubile: in caso di rotture, non ci sarebber alcun modo di fermare la marea inquinante. Il bitume affiorerebbe successivamente, mentre i tensioattivi, sciolti in acqua andrebbero a intrerferire con la biologia dei pesci. Il nuovo pericolo per l'ecosistema marino, e per l'industria del turismo ravennate, nasce dal progetto di riconversione della centrale di Porto Tolle. L'Enel deve rimetterla a nuovo per ridurre le emissioni in atmosfera. E il sistema più economico sarebbe appunto quello di adattare le caldaie a bruciare "orimulsion" (prende il nome dal fiume venezuelano Orinoco dove viene estratta), potenziando la stazione marittima e il terminal terrestre di Ravenna. Verdi e Legambiente suggeriscono invece una riconversione a metano. Anche il Parco del Delta sta facendo il possibile per indurre l'Enel a scegliere il metano: assicura una combustione più pulita e allontana dalle coste ravennati una minaccia pesantissima. A metà settimana ci sarà il confronto forse decisivo con l'azienda elettrica.