Ma la spiaggia non è un club vacanze

Lui, Guido Pasi, assessore al turismo dell'Emilia Romagna, uomo di Rifondazione cresciuto alla scuola del vecchio Pci, è compresso tra mille pressioni: le lobby, il partito, la linea della giunta, la spinta al nuovo che viene dagli operatori. Alla fine, dopo tante premesse e qualche esitazione, gli si strappa un 'nì'.
«Il nostro modello turistico ha bisogno di innovarsi, ma senza forzature: è un processo lento e difficile che va favorito ricercando l'accordo di tutti i segmenti che danno vita all'industria delle vacanze».
Assessore Pasi, ma la Regione che fa?
«Proprio in questi giorni stiamo rielaborando la legge che finanzia la ristrutturazione degli alberghi, mettendola in linea con le norme europee in materia di aiuti alle imprese. L'anno scorso aveva una dotazione di 5 milioni di euro, nel 2003 conterà su risorse ancora maggiori».
Intanto gli operatori balneari sono in movimento: a Cervia chiedono le piscine in spiaggia, chiedono di poter 'mettere a tavola' i turisti. Lei che ne pensa?
«Ravenna e Cervia hanno una disponibiltà di spazi diversa, più ampia, rispetto a Rimini e Cattolica, quindi è logico che si pensi a come utilizzarla nel modo migliore».
Quindi lei è d'accordo?
«Bisogna chiarire un fatto. I nostri insediamenti balneari sono cresciuti nel tempo maturando un equilibrio quasi del tutto spontaneo fra i diversi settori. Questo rappresenta una fantastica macchina».
Che molti ci invidiano. Ma lei da che parte sta?
«Quando i gestori di stabilimenti balneari chiedono di fare ristorazione in spiaggia vanno a modificare questi delicati equilibri. La soluzione sta nel salvaguardarli realizzando accordi molto partecipati. A me la proposta piace, ma non fa progressi proprio perchè va a toccare altri interessi».
Stesso discorso per le piscine?
«E' stato inopportuno sollevare il problema nel pieno della stagione turistica: è parso che si volesse creare un'alternativa alla balneazione, che invece è e deve rimanere il fulcro fondamentale del nostro turismo. In linea generale non ne sono entusiasta: significa avere stabilimenti balneari stile club mediterranée, a cui si accede a pagamento. Tutt'altra cosa rispetto al nostro turismo».
Insomma lei è in sintonia con il presidente Errani?
«Credo che alla base ci siano scelte urbanistiche: se le aree attrezzate in spiaggia sono coerenti con gli indirizzi e la programmazione dei Comuni, allora si potranno fare. Soprattutto perché sono un incentivo a destagionalizzare le presenze turistiche: penso insomma a impianti con acqua di mare, riscaldati, magari anche al coperto. La cosa stravagante è che le piscine sarebbero veramente utili negli alberghi, ma lì non ci sono».
Intanto i bagnini della Confesercenti chiedono di poter 'riscattare' le aree date in concessione.
«La linea di spiaggia è praticamente un confine di Stato, per questo mi sembra impossibile passare da un regime concessorio a uno in proprietà. E poi, chi glielo fa fare?»
Ai bagnini?
«Sì, a loro. Se questi beni demaniali vengono venduti dallo Stato, devono essere assegnati con gara pubblica: chi assicura il titolare del, chessò, 'Bagno Sirena', di poter acquistare l'area?».
Quindi?
«Visto che pagano un canone non esoso ed hanno un contratto che dura sei anni, rinnovabile automaticamente per altri sei, non vedono francamente questa necessità. Mi pare un'operazione eccessiva e rischiosa. Poi magari ai bagnini toccherebbe anche pagare gli interventi di ripascimento della spiaggia».
E i porti turistici? Ormai spuntano come funghi su tutta la costa.
«In generale sono una risorsa strategica per fare decollare il nuovo turismo, quello a più alto valore aggiunto. Mi viene in mente Marinara, che può segnare un elemento di svolta e di qualificazione straordinaria per una località come Marina di Ravenna. Ma non tutti i progetti sono validi».
Ad esempio?
«Quello proposto a Lido Adriano non è previsto da alcuno strumento urbanistico e di pianificazione del territorio. E' anche in contrasto con un paio di leggi. Mi pare insomma un intervento molto estemporaneo e improvvisato, che per di più potrebbe aggravare i problemi di erosione. Non mi piace proprio».
Marcello Petronelli