La nebbia ferma il recupero

Affondamento avvenuto, per cause ancora da ricostruire, nella notte tra martedì e mercoledi a 15 miglia al largo di Casalborsetti. L’esame autoptico era stato disposto dal pm Francesco Alvino che sta coordinando le indagini sull’incidente. E a quasi una settimana dalla tragedia, continua a rimanere a trenta metri di profondità quel che resta del motopeschereccio partito da Porto Garibaldi e mai più tornato.Anche ieri non è stato possibile portare a riva il relitto e verificare se gli altri due membri dell’equipaggio siano rimasti intrappolati all’interno.Le operazioni, purtroppo, sono cominciate con un forte ritardo dovuto alla fitta nebbia che ha contrassegnato quasi tutta la mattinata di ieri. Dopo la mucillagine e il mare mosso dal garbino, ieri è stato infatti il turno della foschia. Come se un destino beffardo si stesse accanendo su questa triste storia.Così come “nebbiosi” sembrano ancora i contorni dell’ affondamento del motopeschereccio.Per tutta la giornata di ieri, infatti, sono continuate le operazioni di riscatto del relitto, con l’ausilio del moto-pontone “Rocco I” fornito dalla ditta Marine Consulting, già fornitrice della sega idraulica utilizzata per il taglio del tetto e per creare i varchi all’interno del natante affondato.Solo così era stato possibile recuperare almeno il corpo senza vita di Franco Simoni.Ieri, considerato il ritardo iniziale, è stata portata a termine solo la cosiddetta “bonifica” del peschereccio: in pratica i sub hanno liberato lo scafo dalle reti, dai cavi e da tutto ciò che impediva di stringere intorno al natante l’imbragatura.Oggi verrà ultimata l’operazione, mare permettendo.Proprio mentre i sub erano all’opera, in quello specchio d’acqua a pochi km dalla riva di Casalborsetti, si sono portati i colleghi dei tre marinai per quella che era stata annunciata come una “manifestazione pacifica”. Una decina di imbarcazioni hanno avvicinato gli uomini della Guardia Costiera e dei Vigili del Fuoco, così come deciso il giorno precedente.Tra questi c’erano anche i soci della cooperativa della Piccola e grande pesca di Porto Garibaldi. “Vogliamo esserci quando Alfonso e Alessandro rivedranno la luce”, avevano detto domenica. Ieri, però, quel momento non è arrivato. E la tensione, mista alla delusione è affiorata poco a poco nei volti degli amici e dei parenti dei dispersi.Già sabato era stato individuato il locale dove potrebbero trovarsi i corpi del comandante e del figlio Alessandro, un ragazzo di appena 18 anni.Si tratta della zona cuccette, alla quale si accede da un passaggio stretto e che nell’affondamento è stato invaso e reso inaccessibile dalle reti da pesca.Domenica i sommozzatori avevano cominciato le immersioni alle 8, scendendo a squadre di due per turni di mezz’ora. Si erano aperti un varco di accesso, esplorando i locali mensa, ma non hanno trovato traccia dei dispersi. Non erano però riusciti a introdursi nel locale cuccette, nonostante i ripetuti tentativi, protratti fino alle 17.30.Parallelamente erano proseguite anche le ricerche in superficie così come durante tutti gli altri giorni che hanno preceduto la sciagura in mare. Domenica la Guardia Costiera aveva diramato un messaggio di allerta a tutte le altre Capitanerie dell’Adriatico, al fine di segnalare eventuali avvistamenti in mare. Ora una famiglia e un intero paese aspettano con ansia di poter “aprire” l’imbarcazione. La speranza è quella di poter trovare i due corpi all’interno dello scafo. In caso contrario sarebbe solo il mare a poterli restituire. Chissà quando.
Articolo pubblicato nel "Corriere Romagna"