IX Congresso nazionale primari oncologici ospedalieri

Basta con i “viaggi della speranza” a meno che non siano indispensabili: oggi le cure più all’avanguardia per i tumori si possono ottenere in ciascuna delle 140 Oncologie mediche degli ospedali italiani. La rassicurazione arriva da Giorgio Cruciani, responsabile dell’Unità operativa di Oncologia dell’ospedale di Lugo, presentando il IX° Congresso nazionale dei primari oncologi ospedalieri, che si aprirà domani al Park Hotel di Marina di Ravenna per concludersi sabato.

Si affronteranno i temi inerenti alle terapie, alla responsabilità medica, ma sarà dedicato ampio spazio anche agli aspetti inerenti la qualità della vita dei pazienti oncologici, quindi agli aspetti psicologici della professione e alla comunicazione medico-paziente.Il titolo del congresso, “Dalla chemioterapia dei tumori al trattamento della persona affetta da neoplasia”, intende marcare il cambio di approccio alle patologie tumorali.

E’ stato il professor Gianni Bonadonna, uno dei più insigni oncologi italiani, a coniare il termine di Oncologia medica, che già oggi si sta cominciando a sostituire con quello di Medicina oncologica. L’oncologo infatti deve essere un medico a tutto tondo: si occupa di pazienti che spesso hanno anche altri problemi di salute che non può ignorare, e quando viene preso in carico diventa per il paziente il medico di riferimento. Non a caso molti oncologi sono anche internisti”.
All’inizio degli anni ’70 era quasi esclusivamente una specialità di tipo chirurgico e la cura dei tumori era riservata a pochissimi istituti molto qualificati per la ricerca. Negli ospedali si ricoveravano solo pazienti in fase avanzata e quasi sempre senza possibilità di cura. La svolta negli anni ’80, quando l’oncologia medica conobbe una crescita esponenziale su tutto il territorio nazionale, grazie a farmaci sempre più attivi e specifici, che hanno contribuito in modo sostanziale alla curabilità di molte neoplasie, tanto che oggi il bagaglio farmacologico è talmente ampio da consentire trattamenti quasi personalizzati”.Ben diversa quindi la situazione attuale. Tanto che il Collegio italiano dei primari oncologi medici ospedalieri (Cipomo), fondato otto anni fa, ribadisce il ruolo dei reparti distribuiti nei presidi ospedalieri di tutto il territorio nazionale, “tutti con buoni standard assistenziali, ben collegati fra loro e in grado di rispondere alle esigenze della maggior parte dei cittadini affetti da patologia tumorale”. I quali possono essere curati dove risiedono o poco distante, senza aggiungere al disagio della malattia quello di frequenti spostamenti verso i grandi Istituti. “Nella maggior parte dei casi i cittadini affetti da tumore possono essere curati bene nell’ospedale della propria città - mette in evidenza Cruciani -. Oggi quasi tutte le oncologie ospedaliere partecipano ad attività di ricerca nazionale e internazionale. Non c’è bisogno di grandi apparecchiature: i nostri strumenti sono i farmaci. E solo in una piccola percentuale di casi è necessario inviare i pazienti in centri universitari o in istituti di ricerca, e quasi sempre per problematiche di tipo chirurgico e non medico”.Il congresso gode del patrocinio della Regione Emilia Romagna, dell’Ausl di Ravenna, del Comune di Ravenna, dello Ior (Istituto oncologico romagnolo), dell’Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) e della Lilt (Lega italiana per la lotta ai tumori).

Articolo pubblicato nel "Corriere Romagna"