Indagini sulla variante

Un complesso composto da 24 appartamenti che sorge su un'area assoggettata, dalla primavera del 2000, a drastiche limitazioni di espansione. Per il momento, nel registro delle notizie di reato, alla Procura, non sono iscritti nominativi di persone nei cui confronti vengono svolte le indagini. E questo è anche comprensibile: la materia è notevolmente complessa e il pubblico ministero interessato, Stefano Stargiotti, come primo atto ha affidato una consulenza tecnica a un professionista, un geometra non di Ravenna, perchè individui con precisione normative esistenti e passaggi procedurali messi in atto dall'Amministrazione comunale ravennate nel rilascio della concessione in questione alla società richiedente, la Immobiliare Evaristo srl, di Forlì. Solo così potrà essere valutata la sussistenza delle ipotesi di reato e, di conseguenza, saranno anche identificate le persone cui ricollegarla.
L'inchiesta è stata promossa a seguito della presentazione alla Procura di un esposto preparato da Alvaro Ancisi, capogruppo di Lista per Ravenna e all'epoca — era il 17 febbraio 2001— presentato nel corso di una conferenza stampa. L'esposto venne iscritto nel registro delle notizie non costituenti reato e affidato per una prima valutazione al pm Lucia Baldovin. Che però di lì a pochi mesi lasciò Ravenna per Trieste. E solo alla fine dell'estate dello scorso anno quel fascicolo, assieme ad alcune migliaia, è stato redistribuito al nuovo pm, Stefano Stargiotti. Il quale a fronte della complessità della vicenda, ha disposto l'iscrizione a modello 21 (notizie costituenti reatio) e nominato un consulente. All'esposto, di una ventina di pagine, sono stati allegati numerosi documenti legislativi e amministrativi, oltre alla concessione incriminata.
La domanda di concessione era stata presentata il 26 gennaio del 2000 e aveva come oggetto la costruzione di un fabbricato residenziale previa demolizione dell'esistente. L'area era stata acquistata il 10 gennaio al prezzo di due miliardi e 695 milioni. Il 27 aprile il consiglio comunale di Ravenna adottò una variante al Prg per Marina con cui veniva bloccato ogni progetto di espansione urbanistica per evitare colate di cemento nel caratteristico centro rivierasco. Secondo l'esposto, a quella data la concessione per l'Evaristo non era stata ancora rilasciata e, grazie alla clausola di salvaguardia contenuta nelle legislazioni nazionale e regionale, avrebbe dovuto essere congelata definitivamente se in contrasto con i successivi strumenti urbanistici.
«La concessione venne invece resuscitata a maggioranza dal consiglio comunale il 9 gennaio 2001 quando la variante di Marina, esaminate le osservazioni pervenute, fu definitivamente approvata» si legge nell'esposto. Questo perchè nel testo della variante era stata inserita una modifica delle norme generali del Prg che stabiliva come «le domande di concessione presentate prima del 27 aprile 2000» fossero da ritenersi legittime solo se complete in ogni loro parte e l'iter per l'approvazione fosse concluso. Il provvedimento riguardava solo un determinato comparto di Marina, in cui era inserita l'area della immobiliare forlivese.
«L'iter della concessione per la Evaristo srl — si sostenne all'epoca da parte dell'Amministrazione comunale — era concluso ed era quindi pieno il legittimo interesse al provvedimento da parte della società. Se non l'avessimo firmata, ci sarebbero stati guai giudiziari per noi. Il nostro era a quel punto un atto dovuto».
Ma è proprio su quella delibera approvata a maggioranza dal consiglio comunale che si appunta l'attenzione dell'esposto: «Mai e poi mai quel comma 4 dell'articolo XI.4 avrebbe potuto essere approvato» e il riferimento è alla variante di Marina che ha reso possibile il recupero della concessione. «Si è trattato di un provvedimento ad personam, fatto solo per quella società». Ma poi la possibilità di recupero, in una successiva variante al Prg, è stata estesa a tutto il territorio comunale.
Materia intricata, come si può comprendere, in cui il consulente dovrà ben evidenziare gli spazi di manovra normativamente possibili e quelli in cui, anche per prassi a volte consolidate, si muovono gli interventi lasciati alla discrezionalità amministrativa (naturalmente legittima).
Da un articolo pubblicato in "Il Resto del Carlino".